domenica 12 gennaio 2014

Traduzione articolo del Washington Post

La Panarda: ristorante di Philadelphia ospita una tradizione secolare che è una maratona, ma non una gara

Di Domenica Marchetti

Philadelphia - Hahri Shin è il primo ad arrivare, a mezzogiorno, un’ora prima dell’inizio programmato della festa. È venuto attrezzato per l’occasione, indossando una tuta da ginnastica rosso brillante, una fascia bianca in testa e portando una bottiglia di Rolaids (ndt: pastiglie antiacidità).
L’occasione è la terza edizione annuale della Panarda, un banchetto di nove ore e 40 portate che si tiene a “Le Virtù”, un ristorante di South Philadelphia che si concentra quasi esclusivamente nel cibo abruzzese, regione dell’Italia Centrale.
In una domenica innevata di dicembre, 30 commensali che hanno pagato una quota di 250 $ si sono riuniti per gustare l’epico pasto preparato dal capo chef Joe Cicala e dal suo piccolo staff. Iniziata alle 13.41 con olive fritte ripiene di brasato di fagiano e finita intorno alle 22.30 con torrone tempestato di semifreddo al cioccolato e torta con mele sbriciolate in cima.
«È una maratona», dice Shin, programmatore di computer in una start-up di assistenza sanitaria, mentre gira nel ristorante proprio come le raffiche di neve all’esterno, «sono un ex Boy Scout. So che si deve sempre essere preparati».
Per alcuni, come Shin, l’obiettivo era di mangiare tutti i piatti saggiamente porzionati. Ad altri bastava semplicemente essere seduti in uno dei due tavoli preparati nella piccola sala da pranzo principale illuminata con luci soffuse.
«Entrambi i lati della mia famiglia provengono dall’Abruzzo» dice Nick Strarinieri, un avvocato dalla Contea di Montgomery, Pennsylvania. «Ho avuto un’emozione quando ho visto seppie in umido nel menù, era un piatto tipico di mia madre».
La Panarda è effettivamente una maratona, ma non del tipo mangia-tutto-quello-che-puoi-nel-minor-tempo-possibile, che puoi trovare alle fiere di contea o nei programmi sul cibo spazzatura, la festa è una tradizione secolare ricca di significato culturale, religioso e folkloristico. Ha ancora luogo in alcuni Paesi abruzzesi, soprattutto montani, dove gli inverni possono essere duri e un pasto celebrativo che richiede giorni di preparazione ha un fine diverso, per non parlare della comodità.
Storicamente la Panarda era organizzata dai nobili della città per le persone che avevano lavorato per loro, dice Francis Cratil, che con la moglie, Catherine Lee, è proprietario de “Le Virtù”. Era una celebrazione collettiva del raccolto, tenuta in un periodo dell’anno in cui avviene di solito la macellazione del maiale e quindi le dispense erano piene.
La prima Panarda documentata, nel 1657, ha avuto luogo nel Paese di Villavallelonga. Secondo la leggenda, una giovane madre di cognome Serafini lasciò un neonato nella sua culla mentre andava a prendere l’acqua al pozzo. Quando ritornò, la creatura era tra le fauci di un lupo. Lei pregò Sant’Antonio Abate, protettore degli allevatori di animali, e il lupo rilasciò il bambino illeso. La giovane donna promise di tenere un banchetto annuale in onore del Santo. (ndt: l’articolo contiene un errore: il miracolo della famiglia Serafini è quello dei diavoli mietitori. Quello del lupo è relativo invece alla “festa a foc”, della famiglia Bianchi).
Da allora ogni anno la famiglia Serafini tiene la Panarda a Villavallelonga il 17 gennaio, giorno della festa di Sant’Antonio Abate. Al di là della celebrazione religiosa e civile, dice Cratil, la Panarda è sempre stata, per certi versi, un atto di sfida, in linea con la natura dura e testarda degli abruzzesi.
«Si trattava di esorcizzare le difficoltà endemiche della vita in questi remoti Paesi d’Abruzzo» dice Cratil, il cui nonno proveniva da Castiglione Messer Raimondo, in Provincia di Teramo. «Le persone pensavano “finché abbiamo questa abbondanza, questo cibo nelle dispense, festeggiamo. Non abbiamo intenzione di mettere tutto da parte. Siamo ottimisti e ci godiamo l’abbondanza”»
È questo l’aspetto che ha affascinato Cratil. Quando “le Virtù” fu inaugurato, nel 2007, la sua sopravvivenza non era affatto scontata. Innanzitutto aveva aperto durante un periodo di recessione economica, inoltre si era impegnato a focalizzarsi sui cibi rustici di una regione che in pochi conoscono. «Molti pensavano che fossimo degli sciocchi» dice Cratil. Nel 2010 il capo chef, una donna di talento e di temperamento abruzzese, lasciò. Lo stesso Cratil era malato di cancro.
Alla fine dell’anno le cose iniziarono ad andare meglio. “Le Virtù” assunse Cicala, un nativo del District of Columbia che aveva lavorato da Galileo, da Cafe Milano e da Del Posto a New York. Il ristorante ottenne buone recensioni sulla stampa di Philadelphia. «Abbiamo voluto celebrare la nostra stessa sopravvivenza» dice Cratil, che era in ospedale durante la prima Panarda ma si riprese.
L’evento è ormai famoso e fa rapidamente il tutto esaurito una volta annunciato - di solito in meno di un’ora. Nonostante il prezzo alto, dice Cratil, il ristorante non trae profitto dalla Panarda. «Non guadagnamo un centesimo. La teniamo ogni anno come impegno verso la nostra missione».
Cicala, l’aiuto chef Brandon Howard e la pasticciera Angela Ranalli si preparano per quattro giorni per essere pronti all’evento di quest’anno. Il menù è stato fatto dopo una Panarda tenuta nel 1994 a Villa Santa Maria (CH) presso la rinomata scuola di cucina che ha formato alcuni dei migliori chef italiani. È stata organizzata in 10 “servizii”, per la maggior parte costituiti da quattro o cinque portate, con pause nel mezzo. L’evento segue un certo ritmo, con un andamento di pietanze che diventano gradualmente più sostanziose, poi più leggere, poi di nuovo sostanziose.
Sono stati presentati alcuni ingredienti tipici abruzzesi - frutti di mare per rappresentare la costa adriatica, lenticchie e fagioli coltivati nell’entroterra, un’ampia scelta di pasta, carni di maiale e agnello e formaggi di latte di pecora - tutto accompagnato con una selezione di vini della Cantina Frentana, un produttore abruzzese.
Tra le tante portate i piatti clou sono stati il brodetto di molluschi, un’abbondante pasta e fagioli, salumi fatti in casa e un ricco stufato di tenero agnello (agnello brasato) servito verso la fine del pasto che un commensale ha descritto come una “ninna nanna”. Ma la star della serata è stato il timballo di crespelle di Cicala, un enorme cupola di crepes salate a strati cotta al forno, con formaggio, polpettine, tenera carne di maiale e salsa.
Mentre la neve si accumulava all’esterno e il pomeriggio diventava sera, i commensali facevano tintinnare i bicchieri con un brindisi. Alcuni si alzavano per sgranchirsi le gambe o per controllare il risultato della partita Eagles-Lions, altri si avventuravano fuori a lanciarsi palle di neve tra una portata e l’altra.
Un gruppo di quattro persone è giunto all’incirca intorno all’undicesima portata (cotechino bollito con lenticchie) e è messo a mangiare in fretta per recuperare. Tra di loro c’era Daniel Chadwick, un gestore di un ristorante di Philadelphia, e suo fratello Jay, capocuoco all’Alba Restaurant. Erano rimasti bloccati sulla Interstate 76 ed avevano 10 ore e mezzo di ritardo, senza scoraggiarsi. «Qui è dove mi sono sposato», dice Chadwick, in parte abruzzese, «siamo rimasti coinvolti in due incidenti lungo la strada, ma non avevamo intenzione di perderci l’evento».
Con il pasto che volgeva al termine, gli irriducibili e i loro compagni di tavola volevano finire gli ultimi mozzichi di rosetta fritta e torta di mele. I brindisi finali erano stati scambiati e persone che si erano sedute come estranei o conoscenti si alzavano stringendosi la mano o abbracciandosi come amici.
«Il cameratismo con gli altri del mio tavolo ci ha aiutato ad arrivare fino alla fine» dice Shin. «La neve che cadeva ha reso l’esperienza ancora più speciale. È stata una notte che non dimenticherò mai».

Per avere informazioni sulla Panarda del prossimo anno, visitare www.levirtu.com o chiamare il 215-271-5626. Marchetti è autrice di diversi libri di cucina: l’ultimo è “The Glorious Vegetables of Italy” (Chronicle Books, 2013).

Traduzione e adattamento: Achille Ferrari
Supervisione: Anselmo Lippa