La Panarda: ristorante di Philadelphia
ospita una tradizione secolare che è una maratona, ma non una gara
Di Domenica Marchetti
Philadelphia - Hahri Shin è il primo ad arrivare, a mezzogiorno,
un’ora prima dell’inizio programmato della festa. È venuto attrezzato per
l’occasione, indossando una tuta da ginnastica rosso brillante, una fascia
bianca in testa e portando una bottiglia di Rolaids (ndt: pastiglie
antiacidità).
L’occasione è la terza edizione annuale della Panarda, un banchetto
di nove ore e 40 portate che si tiene a “Le Virtù”, un ristorante di South Philadelphia che si concentra quasi
esclusivamente nel cibo abruzzese, regione dell’Italia Centrale.
In
una domenica innevata di dicembre, 30 commensali che hanno pagato una quota di
250 $ si sono riuniti per gustare l’epico pasto preparato dal capo chef Joe
Cicala e dal suo piccolo staff. Iniziata alle 13.41 con olive fritte ripiene di
brasato di fagiano e finita intorno alle 22.30 con torrone tempestato di
semifreddo al cioccolato e torta con mele sbriciolate in cima.
«È una maratona», dice Shin, programmatore di computer in una
start-up di assistenza sanitaria, mentre gira nel ristorante proprio come le
raffiche di neve all’esterno, «sono un ex Boy Scout. So che si deve sempre
essere preparati».
Per alcuni, come Shin, l’obiettivo era di mangiare tutti i piatti
saggiamente porzionati. Ad altri bastava semplicemente essere seduti in uno dei
due tavoli preparati nella piccola sala da pranzo principale illuminata con
luci soffuse.
«Entrambi i lati della mia famiglia provengono dall’Abruzzo» dice
Nick Strarinieri, un avvocato dalla Contea di Montgomery, Pennsylvania. «Ho
avuto un’emozione quando ho visto seppie in umido nel menù, era un piatto
tipico di mia madre».
La Panarda è effettivamente una maratona, ma non del tipo
mangia-tutto-quello-che-puoi-nel-minor-tempo-possibile, che puoi trovare alle
fiere di contea o nei programmi sul cibo spazzatura, la festa è una tradizione
secolare ricca di significato culturale, religioso e folkloristico. Ha ancora
luogo in alcuni Paesi abruzzesi, soprattutto montani, dove gli inverni possono
essere duri e un pasto celebrativo che richiede giorni di preparazione ha un
fine diverso, per non parlare della comodità.
Storicamente la Panarda era organizzata dai nobili della città per
le persone che avevano lavorato per loro, dice Francis Cratil, che con la
moglie, Catherine Lee, è proprietario de “Le Virtù”. Era una celebrazione
collettiva del raccolto, tenuta in un periodo dell’anno in cui avviene di
solito la macellazione del maiale e quindi le dispense erano piene.
La prima Panarda documentata, nel 1657, ha avuto luogo nel Paese
di Villavallelonga. Secondo la leggenda, una giovane madre di cognome Serafini
lasciò un neonato nella sua culla mentre andava a prendere l’acqua al pozzo.
Quando ritornò, la creatura era tra le fauci di un lupo. Lei pregò Sant’Antonio
Abate, protettore degli allevatori di animali, e il lupo rilasciò il bambino
illeso. La giovane donna promise di tenere un banchetto annuale in onore del
Santo. (ndt: l’articolo contiene un errore: il miracolo della famiglia Serafini
è quello dei diavoli mietitori. Quello del lupo è relativo invece alla “festa a
foc”, della famiglia Bianchi).
Da allora ogni anno la famiglia Serafini tiene la Panarda a
Villavallelonga il 17 gennaio, giorno della festa di Sant’Antonio Abate. Al di
là della celebrazione religiosa e civile, dice Cratil, la Panarda è sempre
stata, per certi versi, un atto di sfida, in linea con la natura dura e
testarda degli abruzzesi.
«Si trattava di esorcizzare le difficoltà endemiche della vita in
questi remoti Paesi d’Abruzzo» dice Cratil, il cui nonno proveniva da
Castiglione Messer Raimondo, in Provincia di Teramo. «Le persone pensavano “finché
abbiamo questa abbondanza, questo cibo nelle dispense, festeggiamo. Non abbiamo
intenzione di mettere tutto da parte. Siamo ottimisti e ci godiamo l’abbondanza”»
È questo l’aspetto che ha affascinato Cratil. Quando “le Virtù” fu
inaugurato, nel 2007, la sua sopravvivenza non era affatto scontata.
Innanzitutto aveva aperto durante un periodo di recessione economica, inoltre
si era impegnato a focalizzarsi sui cibi rustici di una regione che in pochi
conoscono. «Molti pensavano che fossimo degli sciocchi» dice Cratil. Nel 2010
il capo chef, una donna di talento e di temperamento abruzzese, lasciò. Lo stesso
Cratil era malato di cancro.
Alla fine dell’anno le cose iniziarono ad andare meglio. “Le
Virtù” assunse Cicala, un nativo del District of Columbia che aveva lavorato da
Galileo, da Cafe Milano e da Del Posto a New York. Il ristorante ottenne buone recensioni
sulla stampa di Philadelphia. «Abbiamo voluto celebrare la nostra stessa
sopravvivenza» dice Cratil, che era in ospedale durante la prima Panarda ma si
riprese.
L’evento è ormai famoso e fa rapidamente il tutto esaurito una
volta annunciato - di solito in meno di un’ora. Nonostante il prezzo alto, dice
Cratil, il ristorante non trae profitto dalla Panarda. «Non guadagnamo un
centesimo. La teniamo ogni anno come impegno verso la nostra missione».
Cicala, l’aiuto chef Brandon Howard e la pasticciera Angela
Ranalli si preparano per quattro giorni per essere pronti all’evento di
quest’anno. Il menù è stato fatto dopo una Panarda tenuta nel 1994 a Villa
Santa Maria (CH) presso la rinomata scuola di cucina che ha formato alcuni dei
migliori chef italiani. È stata organizzata in 10 “servizii”, per la maggior
parte costituiti da quattro o cinque portate, con pause nel mezzo. L’evento
segue un certo ritmo, con un andamento di pietanze che diventano gradualmente
più sostanziose, poi più leggere, poi di nuovo sostanziose.
Sono stati presentati alcuni ingredienti tipici abruzzesi - frutti
di mare per rappresentare la costa adriatica, lenticchie e fagioli coltivati
nell’entroterra, un’ampia scelta di pasta, carni di maiale e agnello e formaggi
di latte di pecora - tutto accompagnato con una selezione di vini della Cantina
Frentana, un produttore abruzzese.
Tra le tante portate i piatti clou sono stati il brodetto di
molluschi, un’abbondante pasta e fagioli, salumi fatti in casa e un ricco
stufato di tenero agnello (agnello brasato) servito verso la fine del pasto che
un commensale ha descritto come una “ninna nanna”. Ma la star della serata è
stato il timballo di crespelle di Cicala, un enorme cupola di crepes salate a
strati cotta al forno, con formaggio, polpettine, tenera carne di maiale e
salsa.
Mentre la neve si accumulava all’esterno e il pomeriggio diventava
sera, i commensali facevano tintinnare i bicchieri con un brindisi. Alcuni si
alzavano per sgranchirsi le gambe o per controllare il risultato della partita
Eagles-Lions, altri si avventuravano fuori a lanciarsi palle di neve tra una
portata e l’altra.
Un gruppo di quattro persone è giunto all’incirca intorno
all’undicesima portata (cotechino bollito con lenticchie) e è messo a mangiare
in fretta per recuperare. Tra di loro c’era Daniel Chadwick, un gestore di un
ristorante di Philadelphia, e suo fratello Jay, capocuoco all’Alba Restaurant.
Erano rimasti bloccati sulla Interstate 76 ed avevano 10 ore e mezzo di ritardo,
senza scoraggiarsi. «Qui è dove mi sono sposato», dice Chadwick, in parte
abruzzese, «siamo rimasti coinvolti in due incidenti lungo la strada, ma non avevamo
intenzione di perderci l’evento».
Con il pasto che volgeva al termine, gli irriducibili e i loro
compagni di tavola volevano finire gli ultimi mozzichi di rosetta fritta e
torta di mele. I brindisi finali erano stati scambiati e persone che si erano
sedute come estranei o conoscenti si alzavano stringendosi la mano o
abbracciandosi come amici.
«Il cameratismo con gli altri del mio tavolo ci ha aiutato ad
arrivare fino alla fine» dice Shin. «La neve che cadeva ha reso l’esperienza
ancora più speciale. È stata una notte che non dimenticherò mai».
Per avere informazioni
sulla Panarda del prossimo anno, visitare www.levirtu.com o chiamare il
215-271-5626. Marchetti è autrice di diversi libri di cucina: l’ultimo è “The
Glorious Vegetables of Italy” (Chronicle Books, 2013).
Traduzione e adattamento: Achille Ferrari
Supervisione: Anselmo Lippa