L'Orso bruno marsicano e Biodiversità

"L’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è una gemma della fauna italiana che trova la sua roccaforte sui monti del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
La popolazione assomma a 40-50 individui ed è pertanto a serio rischio d’estinzione.
L’azione dell’uomo, anche con atti di bracconaggio e investimenti stradali, comporta una mortalità che va assolutamente evitata per garantire la sopravvivenza della popolazione.
Anche i rischi epidemiologici legati alla presenza di bestiame domestico sono significativi.
A parte i suddetti fattori di impatto, i tentativi di espansione di questa popolazione sono limitati dalle barriere infrastrutturali e le attività umane che insistono fuori Parco
 e che rendono ostile il territorio circostante.
Salvare l’orso in Appennino è un imperativo per la tutela della natura italiana.
Senza orso saremmo tutti molto più poveri".

Prof. Danilo Russo, Socio Onorario.
Allerta Famiglia - Ph. Roger Mathieu

Villavallelonga, il Paese dei Trovatelli


Morena è l’orsetta trovata a Villavallelonga dalla popolazione il 22 maggio del 2015.
Il nome le è stato dato per ricordare una ragazza scomparsa prematuramente proprio quel giorno. 

Le Guardie hanno cercato per diverso tempo mamma orsa senza successo, per questo si è deciso di portarla alla sede del Parco per prestarle le cure necessarie alla sua sopravvivenza.

Al momento del ritrovamento pesava circa 3 kg ed era molto piccola e indifesa.

Cure attente e buon cibo l’hanno portata a pesare circa 40 kg, 
condizione importante per il suo ritorno alla libertà.


Morena è stata rilasciata in natura alla fine del 2015 dopo valutazioni degli Istituti competenti 
e grazie al prezioso contributo di esperti internazionali, come il Prof. americano John Beecham,
che ha coadiuvato il Parco in questa difficile operazione di reinserimento unica in Italia.

Purtroppo l’orsetta è stata rinvenuta morta il 21 luglio 2016 in località Ferroio di Scanno.


Morena - Ph. Roberta Latini


Sandrino, così chiamato in onore dell'ex Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, è stato per oltre tre decenni un vero e proprio ambasciatore, sia per la sua specie, permettendo a molti di conoscere più da vicino le caratteristiche dell'orso marsicano, sia per il Parco, che ne ha fatto, suo malgrado, un testimonial d'eccezione, diventando una vera e propria star con migliaia di fans ed appassionati.


L'orso era diventato talmente celebre e conosciuto che potrebbe risultare inutile raccontare la storia della sua vita, passata per la quasi totalità all'interno dell'area faunistica dell'orso di Villavallelonga, ma così non è, perché in effetti la storia di Sandrino è un punto di riferimento per la conservazione della specie.

Sandrino venne recuperato nei pressi dell’abitato dalle Guardie nell'agosto del 1982, pesava circa 10 kg.


Cucciolo di pochi mesi, fu trovato in evidente stato di malattia e denutrizione perché abbandonato dalla madre che, evidentemente, non era in grado di allevare l'intera cucciolata ed aveva selezionato, come accade spesso in natura, i cuccioli più robusti abbandonando al proprio destino quello più debole. 
L'orsetto venne ricoverato presso le strutture del Parco a Pescasseroli, 
sottoposto a cure specialistiche e salvato da morte sicura.


Fu così, che dopo un lungo periodo di cure per farlo crescere, il 28 maggio del 1999 venne trasferito nell'area faunistica di Villavallelonga dove è rimasto fino al 23 dicembre del 2014.


Il vecchio orso è morto nell’ottobre 2015 all’età di 34 anni, segnando un vero e proprio record internazionale di vita per un orso, che in natura spesso non arriva neanche alla metà dei suoi anni.
Sandrino con Peppe Di Nunzio - Ph. Archivio PNALM

Villavallelonga, il Paese dei Pipistrelli


Il Parco e in particolare il territorio di Villavallelonga, è un vero paradiso per i Chirotteri: 
ne ospita ben 25 specie sulle circa 30 presenti in Italia.

Dopo il tramonto, i suoi secolari boschi si animano del volo di diverse specie tra cui gli orecchioni (Plecotus auritus, P. austriacus), il vespertilio maggiore (Myotis myotis), di Natterer (Myotis nattereri) e di Bechstein (Myotis bechsteinii) e il barbastello (Barbastella barbastellus) che pattugliano i pascoli dei Prati d’Angro afferrando zanzare e altri insetti al suolo.

A Villavallelonga sono stati svolti, a partire dal 2006, importanti programmi di ricerca condotti, in particolare, da Danilo Russo, Docente universitario, esperto internazionale di chirotteri.
Un aspetto prioritario della ricerca ha rappresentato lo studio della scelta dei rifugi nel barbastello, una specie molto rara, specialmente nell'Europa occidentale: 
l'unica popolazione riproduttiva nota per l'Italia peninsulare è proprio quella presente al Parco.

Le ricerche hanno rivelato che i barbastelli del Parco si rifugiano esclusivamente negli alberi, 
prevalentemente faggi morti; le aree di bosco preferite sono quelle non sottoposte ad alcun tipo di intervento, caratterizzate da alberi vetusti e soprattutto morti; questo a testimonianza dell’inestimabile valore della necromassa per la conservazione della biodiversità.

Importanti colonie riproduttive del ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros Bechstein) sono state, inoltre, rinvenute all’interno di antiche stalle e casolari abbandonati.
Nel 2011 i ricercatori delle Università Federico II di Napoli e Bicocca di Milano hanno rinvenuto, proprio a Villavallelonga, la presenza del Vespertilio di Alcatoe (Myotis alcathoe), pipistrello elusivo poco conosciuto.

Questa segnalazione è la terza disponibile per l’Italia, assieme a quelle relative ai Parchi Nazionali della Maiella e del Cilento-Vallo di Diano.
Il ritrovamento è stato di grande interesse poiché riguarda una specie "criptica”, cioè una specie che assomiglia moltissimo ad un'altra per cui passa spesso del tutto inosservata.

Questa biodiversità nascosta è un ulteriore elemento a testimonianza del grande patrimonio naturalistico 
del nostro paesino e dell’intero Parco.

I pipistrelli sono bioindicatori, dunque la loro presenza è anche un indice di buona salute del territorio.
Plecotus auritus - Ph. Danilo Russo, Luca Cistrone
Bechsteinii - Ph. Danilo Russo, Luca Cistrone

"La Rosalia delle Alpi (Rosalia alpina) è un coleottero cerambicide dalla sgargiante livrea che zittisce chi sostiene che gli insetti siano “brutti”.
Il carisma conferito a questa specie dal suo attraente aspetto l’ha resa il soggetto effigiato in francobolli e monete in diversi Paesi europei.
Rosalia depone le uova nelle fessure del legno morto, in cui le larve si sviluppano per alcuni anni prima di trasformarsi nell’insetto adulto.
La sua sopravvivenza è perciò posta a rischio dalla rimozione degli alberi morti dai boschi, che troppo spesso sono stati considerati come una presenza inutile se non dannosa e perciò sistematicamente eliminati dalla gestione forestale tradizionale.
I boschi maturi del Parco, grazie a un’oculata gestione che risparmia il legno morto, ospitano tuttora una cospicua popolazione di questa specie".

Negli anni si è assistito a ritrovamenti di alcuni esemplari di rosalia in pieno centro abitato, a detta degli esperti interpellati, potrebbe trattarsi di larve che si schiudono nella legna secca accatastata.

Prof. Danilo Russo, Socio Onorario
Rosalia alpina - Ph. Roger Mathieu




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