domenica 22 febbraio 2015

A Villavallelonga il culto millenario per Sant’Antonio Abate

Panorama - Foto: Sisto Lippa
Villavallelonga, in provincia dell’Aquila, è un Paese di circa 900 abitanti che sorge nell'alta Vallelonga circondato dai monti del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, riserva più antica d’Italia, di cui promosse la fondazione nel 1922.

Grazie alla sua posizione di presidio e isolamento geografico, il villaggio è riuscito a conservare intatte nel tempo le invidiabili ricchezze legate alla natura e alla tradizione, tramandando per generazioni sia rituali ancestrali che senso di comunità e spirito di appartenenza al territorio. 

Prati d'Angro - Foto: Sisto Lippa


Diavolo tentatore - Foto: Valentino Mastrella
Statua lignea del '600 - Foto: Francesca Tantalo
I festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate rientrano a buon titolo tra le tradizioni più antiche, sentite e coinvolgenti per i nativi di ogni età. La festa dell’eremita, protettore degli animali e del fuoco nonché nemico del Demonio, si celebra annualmente nelle giornate del 16 e 17 gennaio, periodo dell’anno nel quale passato e presente continuano a fondersi in un medesimo contesto temporale.




I rituali di preparazione e consumo collettivo del cibo rappresentano gli aspetti coagulanti attorno ai quali si sviluppano e ruotano gli attuali festeggiamenti. Essi si inquadrano, storicamente, nell’ambito di quelle ricorrenze di inizio anno che, per le culture contadine tradizionali di molti paesi abruzzesi, assolvevano la funzione di ri-equilibrio sociale, condivisione e convenevole benaugurante (cibo, salute, prosperità, fortuna), della produzione e degli animali, intrecciandosi in una dimensione religiosa, mistica e profana ricollegata alla figura e alla vita del Santo e basata su un rapporto di riconciliazione con lo stesso.

Altarino e Frchicchia - Foto: Frank Pilaroscia


Altarino del Santo - Foto: Michele Muliere
La celebrazione, difatti, si articola in un sistema piuttosto complesso e ricco di simbolismi (Maschere, Signore, Cesti addobbati, Corone, Fuochi) che può essere osservato da molteplici prospettive e nel quale i vari aspetti si intersecano sia a livello funzionale che contenutistico, e trova, però, il suo momento principe nella Panarda, un lungo banchetto devozionale che si tiene durante la notte del 16 gennaio, alla quale ognuno partecipa in un clima di eccezionale solennità, ritenendosi responsabile ed obbligato a mantenere viva una tradizione che appartiene al comune patrimonio culturale.

La Panarda di Villavallelonga presenta, secondo gli studi antropologici svolti, alcuni elementi strutturali che, per quanto a prima vista sembrino comuni a quelli dei paesi vicini, la rendono unica, tanto da suscitare, negli ultimi anni, l’interesse internazionale di media, come il Washington Post, rassegne espositive, come Expo 2015, e dell’UNESCO, per la potenziale attribuzione della candidatura come patrimonio immateriale dell’umanità.

Frittelle - Foto: Paolo Simoncelli
L’aspetto più eclatante delle attuali Panarde (circa 90 in tutto il Paese) è denotato dalla consistente quantità di portate e dall’etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando tutte le vivande allestite. Accanto ad un repertorio tradizionale di piatti e specialità gastronomiche locali, figurano alcuni cibi cardine, che assumono una connotazione precisa e identificante come il brodo di gallina, maccheroni all’uovo conditi con sugo di pecora e detti di Sant’Antonio, fave lessate o crude (che non possono assolutamente mancare nell’allestimento della tavola), un piatto a base di carne di pecora o agnello, frittelle e pizzelle

Durante la notte le Panarde vengono visitate da numerose compagnie di questua composte da giovani del Paese o da gruppi provenienti dai paesi limitrofi, in particolare dalla Ciociaria, che suonano e intonano squillanti la canzone in onore del Santo.

Canti e suoni visitano le Panarde - Foto: Michele Muliere

Distribuzione fave e Panetta - Foto: Frank Pilaroscia
La Favata consiste nella preparazione e nella successiva distribuzione, da parte delle famiglie dei Panardieri, di una minestra di fave. La cottura prevede una lenta bollitura in grandi cottore di "favette" essiccate (messe a mollo nei giorni precedenti), insaporite con alloro e sale, all’interno delle quali viene versata una colata di cipolle cotta in olio di oliva (in passato veniva usato anche il lardo). In alcuni casi viene usato anche il peperoncino.

Nei giorni che precedono la festa, le fave vengono distribuite presso le abitazioni del vicinato secondo un giusto criterio di ripartizione delle zone e, se due famiglie devote si incontrano durante la distribuzione, è uso scambiarsi un mestolo di minestra versandola reciprocamente nelle conche di rame o nelle piccole cottore utilizzate per il trasporto.

La Favata più importante, detta anche Favata a fuoco o Festa, è quella che si distribuisce nella mattina del 17 gennaio e che viene preparata durante la lunga notte precedente, costituendo, per alcune famiglie del Paese, la naturale conclusione della PanardaLa Favata a fuoco viene accompagnata dalla Panetta, pane che viene impastato in casa con farina, uova e semi di anice (in passato veniva usato anche il siero caseario) e cotto in antichi forni a legna.

Fave - Foto: Vincenzo Cartenì

Frchicchia - Foto: NDP
Altro elemento gastronomico che caratterizza i festeggiamenti sono le Corone realizzate con mele, arance, mandarini, fichi secchi, fave, pizzelle (ad oggi vengono utilizzati anche dolciumi industriali) tenute insieme da un filo di corda e che sono allestite dai parenti anziani per i più piccoli della famiglia come dono protettivo e benaugurante. Esse vengono utilizzate anche per addobbare e onorare la statua del Santo (per la preparazione della Frchicchia), gli altarini delle Panarde e gli antichi portali delle case.
Corona di S. Antonio - Foto: Vincenzo Cartenì

Anticamente era uso allestire anche una Corona composta di sole fave, in numero di tredici, per ogni specie diversa di animale domestico posseduto, come buon auspicio e protezione. Le fave della Corona benedetta venivano poi utilizzate come medicinale in caso di malattia del bestiame. In passato, al mattino della festa, i numerosi animali che popolavano il Paese, venivano addobbati con fiocchi, fettucce colorate, campanelli e coperte fiorate. Essi venivano condotti dai ragazzi presso la Chiesa e si apprestavano poi a percorrere tredici giri intorno ad essa, prima di ricevere la benedizione. Dopo la festa anche le stalle venivano benedette e le porte delle stesse venivano lasciate aperte per l’occasione.

Nei giorni che precedono la festa è tradizione preparare e distribuire alle famiglie del vicinato un’altra pietanza tipica chiamata Frascareglie. I Frascarelli sono un tipo di pasta realizzata dalla padrona di casa con l'aiuto di altre donne, con farina, uova ed acqua, in modo da ottenere dei granuli induriti con un breve periodo di essiccamento.

I Frascarelli vengono cotti lentamente, girandoli di continuo con un arnese utilizzato normalmente nella produzione del formaggio (Rmptur), a mo’ di polenta, in acqua salata dentro grandi cottore. Quanto ottenuto viene condito sul piatto di portata con abbondante sugo di carne di pecora e formaggio pecorino.

I Frascarelli vengono preparati anche in onore di altri Santi. A seconda del periodo in cui vengono distribuiti, è possibile capire in onore di quale Santo si stanno offrendo: se prima dell'11 gennaio sono in devozione a San Leucio (Patrono del Paese), tra il 12 e il 15 gennaio a Sant'Antonio Abate e tra il 18 e il 20 gennaio a San Sebastiano.

Preparazione dei frascarelli - Foto: Michele Muliere

Cottura dei frascarelli - Foto: Michele Muliere

Distribuzione dei frascarelli - Foto: Michele Muliere

Frascarelli - Foto: Sisto Lippa

La Panarda, la distribuzione della Favata e dei Frascarelli sono accomunate dal medesimo fondamento devozionale e costituiscono la conclusione di un rito che utilizza il cibo in modo sostenibile da un punto di vista economico ed ecologico (utilizzo di materie prime semplici, a basso costo e prodotti a km zero) nonché come elemento di ripartizione, condivisione e riequilibrio sociale.

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Bambina in costume - Foto: Michele Muliere
Sfilata del 16 gennaio - Foto: Vincenzo Cartenì

















Nel pomeriggio del 16 gennaio si tiene una sfilata in costume tipico, animali, Cesti addobbati e conche. Arrivati nella piazza principale del Paese si rievocano con una rappresentazione teatrale i miracoli che hanno dato origine alle tradizioni della Panarda e della Favata

La Festa di S Antonio Abate del 17 gennaio si apre con i riti religiosi e la processione alla quale partecipano abitanti in costume e animali.

Processione del 17 gennaio - Foto: Valentino Mastrella

Processione del 17 gennaio - Foto: Valentino Mastrella

Pulcinella abruzzese - Foto: Francesco Scipioni
Mmascar brutt - Foto: Valentino Mastrella
Nel pomeriggio si dà ufficialmente inizio al Carnevale, con la tipica sfilata delle Maschere brutte, interpretate da giovani acconciati con stracci e paglia con il viso tinto di nero e con una cipolla o patata in bocca, corna di montone o mucca oppure con il viso coperto da vecchi sacchi di juta, che si aggirano per il Paese spaventando bambini e ragazze armati di pesanti e rumorose catene. Ad essi si contrappongono le Maschere belle, interpretate da uomini travestiti da donna. 

Entrambi i gruppi sono guidati dal Pulcinella Abruzzese, personaggio caratterizzato da un cappello conico e da campanelle che sta a rappresentare il legame con la Divinità ma anche con il Demonio.

La figura del dispettoso Pulcinella, che guida le squadre di maschere con una tipica frusta (scurial), è stata riproposta quest’anno dopo una lunga assenza dalle scene.

Maschere belle - Foto: Valentino Mastrella

Carnevale - Foto: Valentino Mastrella

Mascherata - Foto: Francesco Scipioni

Mascherata - Foto: Francesco Scipioni

Elemento distintivo della festa è il ballo delle Signore, ovvero fantocci realizzati ricoprendo delle strutture in ferro (anticamente in legno) con carta colorata. Esse rappresentano la tentazione del Demonio e vengono guidate dall’interno da alcuni giovani che guardano attraverso un foro posto all’altezza degli occhi.

Signore - Foto: Francesco Scipioni

La Signora - Foto: Valentino Mastrella

Le Signore vengono poi bruciate all’imbrunire come rito purificatorio e di buon augurio per il nuovo che deve arrivare. Si tratta di una vecchia usanza a carattere agrario, connessa ai riti di fertilità della terra-madre; infatti, anticamente, le ceneri venivano sparse nei terreni per propiziare un’annata prospera di raccolti, costituendo una testimonianza emblematica di tali arcaiche valenze magico-rituali, espresse anche dal rivestimento esterno del fantoccio, di materiale vegetale, a significare il legame profondo della gente con le risorse naturali.

Ballo delle Signore - Foto: Francesco Scipioni

La Signora - Foto: Vincenzo Cartenì

Ballo delle Signore - Foto: Valentino Mastrella

Rogo delle Signore - Foto: Michele Muliere

Bibliografia e Sitografia:

Centro Cultura Popolare “Villavallelonga” - Storia, usanze e tradizioni in occasione della festa di S. Antonio Abate a Villavallelonga, Ciclimprop. degli anni ‘70

Leucio Palozzi - Storia di Villavallelonga, Roma, 1982

Alfredo Cattabiani - Calendario - le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno, Milano, 1994

Maria Concetta Nicolai - La Panarda, Ortona (CH), 1996

Adriana Gandolfi - Zanni e pulcinella nelle carnevalate dell’Appennino centro-meridionale, San Michele all’Adige (TN), 2011

Pietro Maccallini - La tradizione della Panarda e i suoi rapporti con miti relativi ad antichissime divinità solari, Blog di meditazioni linguistiche, 2012



Si ringraziano Maria Cesidia Giancursio Bianchi e Sisto Lippa per le testimonianze integrative, gli utili suggerimenti e le revisioni al testo; Vincezo Cartenì, NDP, Valentino Mastrella, Michele Muliere, Frank Pilaroscia, Francesco Scipioni, Paolo Simoncelli, Francesca Tantalo per i racconti fotografici gentilmente offerti; Raffaello Cinelli per aver “solleticato” la realizzazione di questa nostra ricerca.