|
Panorama - Foto: Sisto Lippa |
Villavallelonga, in provincia dell’Aquila, è un Paese di circa 900 abitanti che sorge nell'alta Vallelonga circondato dai monti del Parco Nazionale d’Abruzzo,
Lazio e Molise, riserva più antica d’Italia, di cui promosse la fondazione nel
1922.
Grazie
alla sua posizione di presidio e isolamento geografico, il villaggio è riuscito
a conservare intatte nel tempo le invidiabili ricchezze legate alla natura e alla
tradizione, tramandando per generazioni sia rituali ancestrali che senso di comunità
e spirito di appartenenza al territorio.
|
Prati d'Angro - Foto: Sisto Lippa |
|
Diavolo tentatore - Foto: Valentino Mastrella |
|
Statua lignea del '600 - Foto: Francesca Tantalo |
I festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate rientrano a buon titolo tra le tradizioni più antiche, sentite e coinvolgenti per i nativi di ogni età. La festa dell’eremita, protettore degli animali e del fuoco nonché nemico del Demonio, si celebra annualmente nelle giornate del 16 e 17 gennaio, periodo dell’anno nel quale passato e presente continuano a fondersi in un medesimo contesto temporale.
I rituali di preparazione e consumo collettivo del cibo rappresentano gli
aspetti coagulanti attorno ai quali si sviluppano e ruotano gli attuali
festeggiamenti. Essi si inquadrano, storicamente, nell’ambito di quelle
ricorrenze di inizio anno che, per le culture contadine tradizionali di molti
paesi abruzzesi, assolvevano la funzione di ri-equilibrio sociale, condivisione
e convenevole benaugurante (cibo, salute, prosperità, fortuna), della
produzione e degli animali, intrecciandosi in una dimensione religiosa, mistica
e profana ricollegata alla figura e alla vita del Santo e basata su un rapporto
di riconciliazione con lo stesso.
|
Altarino e Frchicchia - Foto: Frank Pilaroscia |
|
Altarino del Santo - Foto: Michele Muliere |
La
celebrazione, difatti, si articola in un sistema piuttosto complesso e
ricco di simbolismi (Maschere, Signore,
Cesti addobbati, Corone, Fuochi) che
può essere osservato da molteplici prospettive e nel quale i vari aspetti si
intersecano sia a livello funzionale che contenutistico, e trova, però, il
suo momento principe nella Panarda,
un lungo banchetto devozionale che si tiene durante la notte del 16 gennaio,
alla quale ognuno partecipa in un clima di eccezionale solennità, ritenendosi
responsabile ed obbligato a mantenere viva una tradizione che appartiene al
comune patrimonio culturale.
La
Panarda di Villavallelonga presenta,
secondo gli studi antropologici svolti, alcuni elementi strutturali che, per
quanto a prima vista sembrino comuni a quelli dei paesi vicini, la rendono
unica, tanto da suscitare, negli ultimi anni, l’interesse internazionale di
media, come il Washington Post, rassegne
espositive, come Expo 2015, e dell’UNESCO,
per la potenziale attribuzione della candidatura come patrimonio immateriale
dell’umanità.
|
Frittelle - Foto: Paolo Simoncelli |
L’aspetto
più eclatante delle attuali Panarde
(circa 90 in tutto il Paese) è denotato dalla consistente quantità di portate e
dall’etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando tutte
le vivande allestite. Accanto ad un repertorio tradizionale di piatti e specialità
gastronomiche locali, figurano alcuni cibi cardine, che assumono una
connotazione precisa e identificante come il brodo di gallina, maccheroni all’uovo conditi con sugo di pecora e detti di Sant’Antonio, fave
lessate o crude (che non possono assolutamente mancare nell’allestimento della
tavola), un piatto a base di carne di pecora o agnello, frittelle e pizzelle.
Durante
la notte le Panarde vengono visitate
da numerose compagnie di questua composte da giovani del Paese o da
gruppi provenienti dai paesi limitrofi, in particolare dalla Ciociaria, che suonano
e intonano squillanti la canzone in onore del Santo.
|
Canti e suoni visitano le Panarde - Foto: Michele Muliere |
|
Distribuzione fave e Panetta - Foto: Frank Pilaroscia |
La
Favata consiste nella preparazione e
nella successiva distribuzione, da parte delle famiglie dei Panardieri, di una minestra di fave. La
cottura prevede una lenta bollitura in grandi cottore di "favette" essiccate (messe a mollo nei giorni precedenti),
insaporite con alloro e sale, all’interno delle quali viene versata una colata
di cipolle cotta in olio di oliva (in passato veniva usato anche il lardo). In
alcuni casi viene usato anche il peperoncino.
Nei
giorni che precedono la festa, le fave vengono distribuite presso le abitazioni
del vicinato secondo un giusto criterio di ripartizione delle zone e, se due
famiglie devote si incontrano durante la distribuzione, è uso scambiarsi un
mestolo di minestra versandola reciprocamente nelle conche di rame o nelle piccole
cottore utilizzate per il trasporto.
La
Favata più importante, detta anche Favata a fuoco o Festa, è quella che si distribuisce nella mattina del 17 gennaio e
che viene preparata durante la lunga notte precedente, costituendo, per alcune
famiglie del Paese, la naturale conclusione della Panarda. La Favata a fuoco viene accompagnata dalla Panetta,
pane che viene impastato in casa con farina, uova e semi di anice (in passato
veniva usato anche il siero caseario) e cotto in antichi forni a legna.
|
Fave - Foto: Vincenzo Cartenì |
|
Frchicchia - Foto: NDP |
Altro
elemento gastronomico che caratterizza i festeggiamenti sono le Corone realizzate con mele, arance,
mandarini, fichi secchi, fave, pizzelle
(ad oggi vengono utilizzati anche dolciumi industriali) tenute insieme da un
filo di corda e che sono allestite dai parenti anziani per i più piccoli della
famiglia come dono protettivo e benaugurante. Esse vengono utilizzate anche per
addobbare e onorare la statua del Santo (per la preparazione della Frchicchia), gli altarini delle Panarde e gli antichi portali delle
case.
|
Corona di S. Antonio - Foto: Vincenzo Cartenì |
Anticamente
era uso allestire anche una Corona composta
di sole fave, in numero di tredici, per ogni specie diversa di animale
domestico posseduto, come buon auspicio e protezione. Le fave della Corona benedetta venivano poi utilizzate
come medicinale in caso di malattia del bestiame. In passato, al mattino della
festa, i numerosi animali che popolavano il Paese, venivano addobbati con
fiocchi, fettucce colorate, campanelli e coperte fiorate. Essi venivano
condotti dai ragazzi presso la Chiesa e si apprestavano poi a percorrere tredici
giri intorno ad essa, prima di ricevere la benedizione. Dopo la festa anche le stalle venivano benedette e le porte delle stesse venivano lasciate
aperte per l’occasione.
Nei
giorni che precedono la festa è tradizione preparare e distribuire alle
famiglie del vicinato un’altra pietanza tipica chiamata Frascareglie. I Frascarelli
sono un tipo di pasta realizzata dalla padrona di
casa con l'aiuto di altre donne, con farina, uova ed acqua, in modo da ottenere
dei granuli induriti con un breve periodo di essiccamento.
I
Frascarelli vengono cotti lentamente,
girandoli di continuo con un arnese utilizzato normalmente nella produzione del
formaggio (Rmptur), a mo’ di polenta,
in acqua salata dentro grandi cottore. Quanto ottenuto viene
condito sul piatto di portata con abbondante sugo di carne di pecora e
formaggio pecorino.
I Frascarelli vengono preparati anche in onore di altri Santi. A
seconda del periodo in cui vengono distribuiti, è possibile capire in onore di quale Santo si stanno
offrendo: se prima dell'11 gennaio sono in devozione a San Leucio (Patrono del
Paese), tra il 12 e il 15 gennaio a Sant'Antonio Abate e tra il 18 e il 20
gennaio a San Sebastiano.
|
Preparazione dei frascarelli - Foto: Michele Muliere |
|
Cottura dei frascarelli - Foto: Michele Muliere |
|
Distribuzione dei frascarelli - Foto: Michele Muliere |
|
Frascarelli - Foto: Sisto Lippa |
La
Panarda, la distribuzione della Favata e dei Frascarelli sono accomunate dal medesimo fondamento devozionale e
costituiscono la conclusione di un rito che utilizza il cibo in modo
sostenibile da un punto di vista economico ed ecologico (utilizzo di materie
prime semplici, a basso costo e prodotti a km zero) nonché come elemento di
ripartizione, condivisione e riequilibrio sociale.
* * * * *
|
Bambina in costume - Foto: Michele Muliere |
|
Sfilata del 16 gennaio - Foto: Vincenzo Cartenì |
Nel
pomeriggio del 16 gennaio si tiene una sfilata in costume tipico, animali, Cesti
addobbati e conche. Arrivati nella piazza principale del Paese si rievocano con
una rappresentazione teatrale i miracoli che hanno dato origine alle tradizioni
della Panarda e della Favata.
La
Festa di S Antonio Abate del 17 gennaio si apre con i riti religiosi e la
processione alla quale partecipano abitanti in costume e animali.
|
Processione del 17 gennaio - Foto: Valentino Mastrella |
|
Processione del 17 gennaio - Foto: Valentino Mastrella |
|
Pulcinella abruzzese - Foto: Francesco Scipioni |
|
Mmascar brutt - Foto: Valentino Mastrella |
Nel
pomeriggio si dà ufficialmente inizio al Carnevale, con la tipica sfilata delle
Maschere brutte, interpretate da
giovani acconciati con stracci e paglia con il viso tinto di nero e con una
cipolla o patata in bocca, corna di montone o mucca oppure con il viso coperto
da vecchi sacchi di juta, che si aggirano per il Paese spaventando bambini e
ragazze armati di pesanti e rumorose catene. Ad essi si contrappongono le Maschere belle, interpretate da uomini
travestiti da donna.
Entrambi i gruppi sono guidati dal Pulcinella Abruzzese, personaggio caratterizzato da un cappello
conico e da campanelle che sta a rappresentare il legame con la Divinità ma
anche con il Demonio.
La
figura del dispettoso Pulcinella, che
guida le squadre di maschere con una tipica frusta (scurial), è stata riproposta
quest’anno dopo una lunga assenza dalle scene.
|
Maschere belle - Foto: Valentino Mastrella |
|
Carnevale - Foto: Valentino Mastrella |
|
Mascherata - Foto: Francesco Scipioni |
|
Mascherata - Foto: Francesco Scipioni |
Elemento
distintivo della festa è il ballo delle Signore,
ovvero fantocci realizzati ricoprendo delle strutture in ferro (anticamente in
legno) con carta colorata. Esse rappresentano la tentazione del Demonio e
vengono guidate dall’interno da alcuni giovani che guardano attraverso un foro
posto all’altezza degli occhi.
|
Signore - Foto: Francesco Scipioni |
|
La Signora - Foto: Valentino Mastrella |
Le
Signore vengono poi bruciate
all’imbrunire come rito purificatorio e di buon augurio per il nuovo che deve arrivare. Si tratta di
una vecchia usanza a carattere agrario, connessa ai riti di fertilità della
terra-madre; infatti, anticamente, le ceneri venivano sparse nei terreni per
propiziare un’annata prospera di raccolti, costituendo una testimonianza
emblematica di tali arcaiche valenze magico-rituali, espresse anche dal
rivestimento esterno del fantoccio, di materiale vegetale, a significare il
legame profondo della gente con le risorse naturali.
|
Ballo delle Signore - Foto: Francesco Scipioni |
|
La Signora - Foto: Vincenzo Cartenì |
|
Ballo delle Signore - Foto: Valentino Mastrella |
|
Rogo delle Signore - Foto: Michele Muliere |
Bibliografia e Sitografia:
Centro
Cultura Popolare “Villavallelonga” - Storia,
usanze e tradizioni in occasione della festa di S. Antonio Abate a
Villavallelonga, Ciclimprop. degli anni ‘70
Leucio
Palozzi - Storia di Villavallelonga, Roma, 1982
Alfredo
Cattabiani - Calendario
- le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno, Milano, 1994
Maria
Concetta Nicolai - La Panarda, Ortona (CH), 1996
Adriana
Gandolfi - Zanni e pulcinella nelle
carnevalate dell’Appennino centro-meridionale, San Michele all’Adige (TN),
2011
Pietro
Maccallini - La tradizione della Panarda
e i suoi rapporti con miti relativi ad antichissime divinità solari, Blog di
meditazioni linguistiche, 2012
Si
ringraziano Maria Cesidia Giancursio Bianchi e Sisto Lippa per le testimonianze
integrative, gli utili suggerimenti e le revisioni al testo; Vincezo Cartenì, NDP, Valentino Mastrella, Michele Muliere, Frank Pilaroscia, Francesco Scipioni, Paolo Simoncelli, Francesca Tantalo per i racconti fotografici gentilmente offerti; Raffaello Cinelli per
aver “solleticato” la realizzazione di questa nostra ricerca.