Racconto estratto dal libro di Leucio Palozzi “Storia di Villavallelonga” del 1982.
Il testo ripercorre le origini medioevali del Paese per arrivare fino ai primi anni '80, ricordando le figure illustri e descrivendo aspetti storici, culturali e scientifici del territorio.
Il libro è disponibile al prestito, alla consultazione e alla vendita presso la Biblioteca Comunale.
Dalla Riserva di Caccia Reale al PNA
La parte sud-orientale della
Vallelonga, occupata dal Comune di Villavallelonga, si insinua, a giusta di
cuneo, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. In tale territorio si trovano
numerosi itinerari naturalistici non contaminati da insediamenti artificiali,
ne disturbati dal transito veicolare.
L’esistenza del Parco è oggi una
realtà che merita di essere conosciuta nei suoi presupposti storici, in modo da
porre in luce il ruolo della popolazione locale che ha vissuto in un naturale isolamento, favorito dalla
condizione feudale fino al 1806, dalla
barriera lacustre del Fucino fino al 1875 e dalla chiostra dei monti che si
susseguono a corona lungo le due convergenti catene della Vallelonga.
Quest’area, qualificatasi negli ultimi tempi per il preminente valore
naturalistico, consente di verificare la peculiare evoluzione dei criteri di
riferimento dell’uomo col suo ambiente ed il cambiamento delle condizioni di
vita e lavoro, degli usi e dei costumi tradizionali, che seguono alle
esperienze protezioniste condotte nel secolo scorso e in quello attuale.
Fuori dal sistema feudale la
Marsica è stata interessata dal prosciugamento del Lago di Fucino e dalla
costruzione delle strade obbligatorie che hanno facilitato la conoscenza di
questo territorio. Un bel documento
epigrafo del 1856 costituisce la pietra miliare che riconosce il valore
naturalistico del territorio di Villavallelonga. La piccola pietra, trovata nel
centro storico, è ancora collocata sopra il portale n. 32 di Via Colle
Quaresima e dice così: << AD HUNC COLLIS QUADRIGESIMALIS BALSAMINUM Aer
ReSPIRANDUM ACCeSI M.G.B. A.D. 1856>>. Il messaggio esprime i seguente
significato: Sono venuto a respirare
quest’aria balsamica di Colle Quaresima.
Il primo personaggio illustre che
in epoca moderna ha valorizzato le montagne del Parco è Vittorio Emanuele II,
ultimo Re di Sardegna e primo Re d’Italia, denominato Re galantuomo e padre
della patria. Da buon cacciatore il Sovrano era attento alla descrizione delle
risorse dell’alta Marsica ed in particolare degli estesissimi e secolari boschi
che nascondevano una copiosa selvaggina, peraltro poco insidiata dai cacciatori
locali, a causa delle armi ancora assai rudimentali da questi possedute. La
ricchezza della fauna si esprime in molti toponimi della Vallelonga: agli orsi rimanda il Coppo dell’Orso, ai cervi conduce la Valle Cervara, ai gattopardi (o lince da pardus) fa pensare il
rotondeggiante Colle Pardo. Inoltre il torrente Carnello, oggi fossato di Rosa, doveva essere così chiamato perché
traeva alimento dalle acque displuviali e sorgenti che segnavano zone ricche di
selvaggina.
Nel 1872 il sovrano d’Italia
aveva finalmente deciso di cacciare l’orso nelle montagne marsicane e i
consigli comunali (Castellafiume, Balsorano, Collelongo, Villavallelonga,
Lecce, Gioia, Pescasseroli, Opi) si affrettarono a deliberare, nella sessione
di ottobre, di riservare la caccia grossa al Re galantuomo e così fu istituita
la Riserva di Caccia a Vittorio
Emanuele II. I programmi di caccia prevedevano anche feste e musiche e l’itinerario
più suggestivo veniva indicato nella traversata in mulattiera da Balsorano a
Collelongo e da Villavallelonga a Pescasseroli.
Dopo il 1878, il successivo Re
Umberto I non si mostrò interessato al mantenimento della riserva e la
soppresse; ma, nel 1900, Vittorio Emanuele III, nuovo sovrano d’Italia,
ripristinò la Riserva Reale e,
nell’autunno del 1907, fu invitato a
cacciare l’orso nel territorio di Villavallelonga. La popolazione aveva
preparato grandi accoglienze e i cacciatori del luogo con le guardie rege
avevano predisposto un dettagliato programma
di caccia. La zona della battuta era stata individuata nel Vallone Martino,
dove il Re si appostò dopo aver lasciato alla fonte Tricaglie la propria vettura a motore (la prima giunta in Paese) e
dopo essersi inoltrato nella boscaglia con cavalli e guide. La battuta per lo scaccio dell’orso non tardò a
convogliare un bellissimo esemplare nell’area di osservazione del Re, ma il sovrano rinunciò a colpirlo ed
impedì che altri potessero farlo.
La visita di Vittorio Emanuele
III non mancò di soddisfare alcune richieste della popolazione locale, come il
risarcimento dei danni causati al bestiame e l’interessamento perché il postale
giungesse fino a Villavallelonga. Però, con il passare degli anni, le spese per
i danni crebbero copiosamente e nel 1912, la Casa Reale rinunciò alla riserva,
limitando, con un decreto dell’anno successivo, la sola caccia al camoscio.
La soppressione della Riserva di Caccia non poteva che
comportare, in mancanza del rimborso danni, la necessità per i naturali del luogo di ridurre il numero degli animali ritenuti
responsabili del danneggiamento, con l’ovvia conseguenza di assottigliarsi
inevitabile di tutta la fauna locale. Dalla statistica degli esemplari uccisi o
catturati nel secolo che precede l’istituzione dell’Ente Parco è possibile
cogliere il verificarsi di questo fenomeno.
Dal 1921, con la costituzione
dell’Associazione Pro Montibus e,
successivamente, con l’istituzione dell’Ente Autonomo del Parco Nazionale
d’Abruzzo e del Consorzio per la Condotta Forestale Marsicana, fu possibile
avviare un diverso protezionismo e si
ebbe << una novella prova delle
buone disposizioni delle popolazioni del Parco, le quali, con assoluta fiducia,
hanno rimesso, in tal modo, la tutela dei loro maggiori interessi nelle mani
dei dirigenti dell’ente autonomo>> del P.N.A..
I cittadini di Villavallelonga
avevano molta fiducia che il Parco potesse concorrere a promuovere le
iniziative turistiche e lo sviluppo economico del luogo; risulta, infatti, che
il Sindaco, nel 1925, aveva comunicato all’Ente Parco il desiderio di alcuni
cittadini di investire i propri diritti, in forma di contributo, per la
costituzione di un albergo, impiegando nell’opera lire 300.000, ma la
disponibilità manifestata non determinò il fattivo impegno dell’Ente.
Negli anni successivi i naturali
del luogo sono stati più volte rimproverati per l’eccessivo commercio della
legna, che tuttavia era colpito dalla tassa comunale di esportazione, e così
anche per la cattiva abitudine di tagliare alberi a m. 1,50 dal suolo che
comporta la perdita di molto materiale. I Villavallelonghesi negli anni venti
esportavano ogni anno circa 2.500 metri cubi di legname ed altrettanti
sostituivano il consumo locale, per cui, se da un calcolo approssimativo il
bosco non poteva fornire più di 5.000 metri cubi (circa 40.000 quintali) senza
intaccare il suo capillare boschivo cioè senza tagliare più di quanto il bosco
era in grado di produrre, non pare che allora si siano verificati eccessivi
abusi. Gli accusatori volevano tutelare le foreste <<dall’ingordigia
smodata delle popolazioni e tener fronte a tutte le deviazioni facili a sorgere
nelle menti di gente ingenua ed abituata a considerare il bosco come
suo>>.
L’obiettivo di tutela che si
pretese di assumere da parte di tali accusatori non conseguì molti apprezzabili
risultati, giacché veniva formulato da posizione ingrata e ingenerosa nei
riguardi dei naturali del luogo. E’ sufficiente il riferimento ai documenti
feudali per rintracciare le plurisecolari privazioni di questa gente che tutto
ha potuto dire men che qualcosa fosse stato suo o affermare il suo diritto agli
usi civici, mentre ha dovuto condurre una quotidiana lotta per la
sopravvivenza, che era dettata dalle necessità esistenziali e non
dall’ingenuità delle menti. Piuttosto le ditte forestiere, queste si ingorde,
hanno avviato quella che Loreto Grande chiamò la strage degli alberi innocenti.
L’Ente Parco, dopo essere stato
soppresso nel 1933, per il passaggio della gestione delle montagne all’azienda
di Stato per le foreste demaniali, fu di nuovo istituito il 21 ottobre 1950. A
differenza della prima istituzione, che mirava alla difesa della locale sottospecie
endemica del Camoscio d’Abruzzo
(Rupicapra ornata) e dell’Orso Marsicano (Ursus
arctos marsicanus), nella legge che ricostituiva l’Ente Parco venivano indicate
finalità non solo di tutela, ma anche di potenziamento della fauna e della
flora e di conservazione delle speciali formazioni geologiche e delle bellezze
paesaggistiche.
Dalle esperienze di caccia,
condotte nel quadro della istituita Riserva
Reale, si è pervenuti all’esigenza di proteggere la fauna e la flora della
Marsica orientale con l’intervento di associazioni e enti, realizzando il
significativo passaggio da interessi
feudali e venatori ad impostazioni e progetti naturalistici per interventi
razionali e sistematici. Per la verità non sempre è stato possibile osservare
la razionale programmazione ed il coordinamento degli interventi. Gli scandali
urbanistici in prossimità degli abitati di Pescasseroli, Civitella Alfedena e
Villetta Barrea sono in contrasto con tale esigenza, mentre gli squilibri
realizzati fra i Comuni del Parco con Centri attrezzati e ricettivi rispetto
alle notevoli carenze ed insufficienze dei Comuni più decentrati sono
incompatibili con l’equa ripartizione dei servizi e delle iniziative.
L’obiettivo di assicurare la
fruizione collettiva della ricchezza biologica non può non essere coniugata con
l’appoggio delle genti che in loco
risiedono e operano, in modo che l’imposizione dei vari vincoli comporti il
risarcimento dei danni subiti e non risulti generica, rigida o fittizia
nell’indicazione delle opportunità di lavoro, ma sviluppi forme
cooperativistiche e modalità di gestione dei servizi che tutelino l’uomo nel
suo ambiente e col suo ambiente, cioè l’uomo integrale nelle sue concrete
condizioni ambientali.
In tema di presenze deve essere
registrata la prima iniziativa, piuttosto discutibile, realizzata a
Villavallelonga con il festival musicale-ecologico patrocinato dall’Ente Parco
con l’adesione del W.W.F. (Fondo mondiale per la natura), della Lega per
l’energia alternativa, della Lega naturista, del Gruppo dimensione e natura
dell’Associazione Amici del Parco. La
manifestazione, denominata l’orso nel
sacco a pelo con la chitarra, si è svolta sui Prati d’Angro dal 27 al 31
luglio del 1977. Il programma prevedeva dibattici politici-ecologici e musiche
che hanno richiamato quasi diecimila giovani provenienti da tutta Italia e
anche dall’estero. L’esplosione dei servizi, di fatto inesistenti, e la natura
dell’iniziativa, autogestita, ma non dai locali, hanno evidenziato le carenze
più notevoli ed hanno riproposto la necessità di pervenire alla individuazione
delle finalità turistiche in relazione alle concrete possibilità ricettive dei
servizi in funzione.
Al di là delle incongruenze
riscontrate in tale circostanza, sembra acquisito e significativo il ruolo
giocato dalle popolazioni del Parco nell’interpretare il passaggio dalla Riserva di Caccia alle esperienze
naturalistiche del Parco Nazionale de Abruzzo. I criteri di riferimento per un
corretto rapporto tra l’uomo ed il suo ambiente di vita sono andati via via
evolvendosi; in questa area, qualificatasi per il preminente valore naturalistico, si deve ora
verificare sia la rinascita dei territori montani, sia il progresso economico,
sociale e culturale delle comunità locali.
Pietra posta in località Colle Quaresima attestante la salubrità dell'aria di Villavallelonga |
Ritratto di Re Vittorio Emanuele II di Savoia, di Tranquillo Cremona |
Manifesto dell'evento "L'orso, nel sacco a pelo, con la chitarra" |